ANTONIO ZANCHI
(Este 1631 – Venezia 1722)
Giuseppe che interpreta i sogni del coppiere e del panettiere del faraone
Olio su tela
cm 147,5 x 178
Nato ad Este (Padova) nel 1631, Antonio Zanchi fu la personalità di maggior rilievo nella pittura veneziana della seconda metà del Seicento. Giovanissimo, spinto da una precisa vocazione, si recò a Venezia per dedicarsi allo studio della pittura. Fu allievo di diversi maestri tra cui Francesco Ruschi, dal quale apprese tanto bene lo stile da essere frequentemente confuso con lui. Successivamente seppe crearsi un proprio stile e venne stimato più dello stesso maestro; le fonti ci informano che nel 1675, già da tempo, aveva raggiunto una grande fama.
Nel 1661 l’estroso pittore e letterato Sebastiano Mazzoni gli dedicò alcuni versi in un suo poemetto, chiamandolo “pittore celeberrimo”; infatti gli vennero commissionati lavori prestigiosi come quelli nella scuola di San Rocco (accanto a Tintoretto), nella nuova Sacrestia della Confraternita di Santa Maria della Giustizia e di San Girolamo, e sul soffitto dell’Albergo Nuovo, con il Giudizio Universale (1674).
In quel momento il nome di Zanchi era già uscito da Venezia ed era giunto a Bergamo (città dei suoi avi) ed anche a Monaco. Per Santa Maria Maggiore, la chiesa più importante di Bergamo in quel periodo, dipinse nel 1670 “Mosè che fa scaturire l’acqua”; dal 1667 ebbero inizio i rapporti con i principi Bavaresi per i quali dipinse numerose opere di grande valore. Nel 1683 Joachin De Sandrart, nell’edizione latina della Deutsche Academie stampata a Norimberga, inserì delle “voci” sui pittori italiani “moderni” da lui conosciuti, tra i quali comparve anche lo Zanchi e, celebrandone le lodi, ne convalidò la fama oramai europea.
Considerato tra i più valenti artisti della sua epoca, come stanno ad indicare alcuni dei molti incarichi di prestigio sopra accennati (tra i quali va ricordata anche la preparazione del mosaico sopra la porta centrale della basilica marciana sostituito nell’800), Antonio Zanchi fu un pittore di grande qualità e capacità e rappresentò nel lungo procedere ed evolvere della pittura veneta, un momento particolare, un crocevia fondamentale per capire il processo evolutivo che lo portò verso la grande stagione settecentesca alla quale Zanchi, per i suoi apporti, non fu estraneo.
Fu realmente l’artista dominatore della pittura nella seconda metà del secolo; egli seppe cogliere i valori del barocco, ne elaborò le componenti ed intuì gli sviluppi, comparendo nella storia dell’arte pittorica non come un artista minore, bensì come uno dei creatori del nuovo corso artistico.
Il dipinto proposto è un inedito e rappresenta senza alcun dubbio un esempio del livello più alto mai raggiunto dal maestro. Nell’opera si notano chiaramente le influenze della nuova moda naturalistica intrisa di riberismo importata a Venezia dal giovane Luca Giordano e da Langetti tra il 1650 ed il 1660, ma sono ancora fortemente evidenti i legami con l’opera del Ruschi soprattutto nel trattamento elegante e raffinatissimo dei personaggi e nella resa dei cromatismi.
è quindi corretto collocarla cronologicamente intorno agli anni 1666-1667. Il nostro dipinto è periziato dal Prof. Eduard Safarik che lo ritiene un capolavoro. La tela presenta un ottimo stato di conservazione e non ha ancora subito interventi di restauro. Sicuramente una pulitura accentuerebbe ulteriormente il contrasto chiaroscurale.