TOMMASO SALINI detto MAO (Roma 1575 – 1625)
Bacchino
Olio su tela
cm 68,7 x 52,5

“Può essere che Mao se diletti et che impiastri anche lui; ma io non ho mai visto opere nessune di esso Mao”

Questa storica affermazione di Caravaggio su Tommaso Salini ha condizionato la Letteratura storico-artistica sul pittore nel corso dei secoli; Caravaggio stesso conosce invece a fondo l’opera di Mao, il cui successo è comprovato dalla forte presenza dei suoi dipinti nelle più importanti collezioni umane. Ad avallare ciò entra in gioco la testimonianza del Baglione che su di Lui scrisse: “fu il primo che piangesse et accomodasse fiori con le foglie nei vasi con diverse invenzioni molte capricciose et bizzarre et in questo campo fece molto profitto”.

Tale affermazione dimostra da un lato la sua ricca produzione di dipinti di nature morte e il conseguente nutrito commercio che poté infastidire l’ambizioso Caravaggio, e dall’altro attesta che a Roma fu tra i primi pittori che introdusse nuovi moduli stilistici nell’ambito della natura morta. A conferma del suo succeso si rileva un suo “dipinto di fiori” citato nell’inventario del Cardinal Del Monte (1627); nella stessa Collezione è presente il dipinto di Caravaggio “Caraffa di fiori”, andato perduto, forse motivo di contesa fra i due riguardo alla paternità dell’iconografia. Trentasei vasi di fiori, di cui due con pappagalli, sono ricordati nella collezione Ludovisi (inventari 1623-1633). Il Della Pergola registra pagamenti per dipinti di fiori nel 1619 nella Collezione Borghese. La sua attività è ancora in parte da ricostruire in quanto si conoscono poche opere documentate certe.

Il critico Alberto Cottino a riguardo del Salini dice che è un caso emblematico delle incertezze e dei problemi di ricostruzione che si hanno sui primi pittori di nature morte romane. In questi ultimi anni alcuni storici dell’arte tra cui la Proff.sa Mina Gregori, la Dott.sa Vittoria Markova, il Dott. Alberto Cottino, il Dott Gianni Papi e altri studiosi hanno rivolto la loro attenzione verso Tommaso Salini come una delle figure di grande importanza della pittura Romana di natura morta di inizio Seicento.

La posizione del giovane Bacco sembra ripresa stilisticamente dalla statuaria classica antica del periodo Augusteo e Traianeo in una chiave naturalistica e luministica ricercata in modo personale da “Mao”. Secondo la nostra opinione il dipinto del Bacchino Felice è da datarsi in un periodo precoce della sua produzione, prima del dipinto “Ragazzo con la fiasca”, della Collezione Thyssen di Madrid, dove il Salini dimostra di avere già assimilato la lezione Caravaggista della luce.

Bibliografia:

AAVV, La Natura Morta al tempo di Caravaggio, 1995, Electa, Napoli

Mina Gregori, Natura Morta Italiana, tra Cinquecento e Seicento, 2002, Electa, Napoli

A. Cottino, Fondazione ACCORSI, L’incantesimo dei sensi, 2005, Omega Arte, Torino

E. Giffi Ponzi, per lo Spadarino, in “Prospettiva”,1987, pp 75-79, Fig 15

G. Papi, Pittori Caravaggeschi e Nature Morte, in “Paragone” pag. 65-66, Tav. 60 B, 2006

N. Spinosa, Ritorno al Barocco da Caravaggio a Vanvitelli, scheda a cura di G. Porzio pag 70-71, 2009, Electa, Napoli